di Renato Voltolin
Al contrario di quanto accade per la valutazione del danno fisico, le difficoltà che incontra invece il danno psichico, sia a livello di definizione che di valutazione, sono molteplici. Tali difficoltà dipendono dal fatto […] che la sua sostanza non è stata sufficientemente chiarita. La giurisprudenza, infatti, lo ha tenuto differenziato dal danno morale […] definendo quest’ultimo come sofferenza “transeunte”. Il danno psichico al riguardo sarebbe considerato poi come una degenerazione di tale sofferenza. Di fatto, il danno morale inteso come sofferenza transeunte è riferibile solo al dolore fisico sopportato dal danneggiato e prodotto dal trauma fisico e/o conseguente agli interventi medici subiti. Nell’ambito psichico, invece, il danno morale non è altro che un danno psichico temporaneo e non un danno a sé stante.
Questa differenza dipende dal ruolo che ha la sofferenza nel caso del danno psichico, ben diversa da quella che ha in caso di danno fisico. Questa differenziazione ci servirà per dimostrare l’inutilità della definizione del danno morale nel caso del danno psichico (di fatto ne costituirebbe una duplicazione risarcitoria), oltre che per distinguerlo nettamente dal danno esistenziale (la cui indagine non è di pertinenza psicologica) che prenderemo in considerazione solo per chiarire le differenze tra i vari tipi di danno.
La diversa natura del ruolo della sofferenza, mostra anche, senza ombra di dubbio, come il danno psichico e il danno fisico abbiano ciascuno una realtà autonoma, nonostante la giurisprudenza parli spesso di danno psico-fisico.
Per comprendere come questa nostra affermazione sia fondata e incontestabile, dobbiamo dunque prendere in considerazione il concetto di “sofferenza”.
Mentre, nel caso del danno biologico di natura fisica, il danno, temporaneo o permanente, è la conseguenza fisica diretta del trauma e dei suoi effetti collaterali, per cui la sofferenza (meglio definibile come dolore), può essere risarcita come voce aggiuntiva (danno morale inteso come dolore transeunte), e non influisce sulla quantificazione in termini di percentuale di inabilità, temporanea o permanente, nel caso del danno psichico è la sofferenza “mentale” (definita come ansia depressiva, persecutoria o confusionale) che determina la natura e la misura del danno psichico il quale, quindi, non è direttamente collegato al fatto traumatico, ma alla sofferenza psichica che tale fatto dannoso può avere provocato e che il soggetto cerca di eludere (senza riuscirvi) attraverso sintomi, fobie, inibizioni, vale a dire con limitazioni di capacità mentali.
Basti pensare, ad esempio, a un soggetto che dopo aver subito un incidente stradale non possa più guidare la macchina in quanto ogni volta che sale al posto di guida viene assalito da uno stato di panico. In tal caso la fobia non è diretta conseguenza dell’incidente subito ma è una conseguenza indiretta, un modo per eludere l’angoscia soverchiante che egli proverebbe immancabilmente se riprendesse a guidare la macchina. Quindi possiamo dire che in assenza di sofferenza mentale ci potrà essere un danno fisico o esistenziale (perdita di chances) o un danno di altro tipo di interesse costituzionalmente protetto, ma non un danno psichico. Per cui, data l’identità concettuale tra danno psichico temporaneo e danno morale, aggiungere al danno psichico il danno morale come voce separata e quindi aggiuntiva, costituirebbe una duplicazione risarcitoria. Costituisce invece una voce aggiuntiva solo in riferimento al dolore fisico provato a seguito di un danno fisico. In altre parole ancora, il danno morale può essere definito come una sofferenza transeunte non di natura soggettiva ma di natura oggettiva (dolore fisico) nel caso del danno fisico ma non nel caso del danno psichico in quanto, in tal caso, coincidendo con il danno psichico temporale, darebbe luogo ad una duplicazione del risarcimento.
Schematicamente :
Nel caso di danno fisico la sequenza è: trauma fisico —-> lesione associata a dolore —-> menomazione fisica temporanea ——> [eventuale] menomazione permanente;
Nel caso del danno psichico la sequenza è invece:
trauma fisico e/o psichico –—>sofferenza psichica —-> menomazione psichica (funzionale) temporanea —–> [eventuale]) menomazione psichica (funzionale) permanente.
In caso di danno fisico è legittimo associarlo al danno morale; nel caso del danno psichico non è legittimo includerlo in quanto la sofferenza è essa stessa danno psichico.